“Non sono abbastanza preparato… E se poi mi chiede l’unica cosa che non so? Forse è meglio che non vado!”

Questi sono solo esempi, ma quella vocina nella testa prima di sostenere l’esame a volte è terribile: vero o no? Sembra sia una professionista, forse ha preso una laurea in “come creare dubbio e incertezza”.

Ma la domanda è: come ci si prepara davvero a un esame? Basta solo lo studio? O c’è una componente emotiva che fa la differenza?

La risposta è banale: l’emozione a volte gioca brutti scherzi!

E allora come fare? Come si mantiene il sangue freddo davanti a un professore che a volte sembra annoiato, severo, scocciato e pronto a farti la “domanda giusta” per metterti in difficoltà?

Ti svelerò tre segreti per rimanere centrato e sereno durante l’esame.

 

1) PIANIFICAZIONE E OTTIMIZZAZIONE

Sembra banale ma organizzare il proprio tempo non è così semplice, molto spesso ci si ritrova a fare una super pianificazione con tanto di numero di pagine al giorno da leggere, esercizi da fare, ripassi etc.… Così minuziosa e precisa che non si capisce come mai non sia rispettata, o peggio ancora si va al recupero di giorno in giorno, ritrovandosi sotto stress e agitati perché l’esame si avvicina.

Infatti il problema non è la pianificazione ma gli imprevisti, la focalizzazione e l’aspettativa.

Domanda a bruciapelo: il numero delle pagine che giornalmente ti impegni a studiare è realistico? Cioè, riesci davvero a leggere quelle pagine in una giornata, comprenderle e farle tue? Se così non è, hai creato un’aspettativa troppo alta e poco realistica. Meglio riprogrammare il tuo obiettivo giornaliero in maniera più efficace.

Se invece l’impegno che ti sei preso è fattibile, allora stai attento a come disperdi il tempo, alle distrazioni e alle cose che non sono importanti in quel momento.

 

2) ORGANIZZA IL TUO SPEECH E USA LA TUA FISIOLOGIA

Ripetere ad alta voce è sicuramente un buon esercizio, farlo in maniera corretta è un’altra cosa. In comunicazione si dice che “Non è importante ciò che parte, ma è importante ciò che arriva”: cosa vuol dire? Che nella tua testa devi organizzare il “come” dirlo (immagina la forma di un panino) crea l’apertura (l’assunto = il pane sopra), segui con il corpo del discorso (la sostanza = la ciccia) e chiudi il discorso (conclusione = il pane sotto).

Inoltre utilizza il tuo corpo per parlare (come il mio corpo? Ma che dice questa!!!!). Non sgranare gli occhi e ascolta qui: non si parla solo con la voce. Il tuo tono, volume e modo di gesticolare influenzano inevitabilmente la tua performance. Quindi quando ripeti, fallo non solo a voce alta ma camminando, muovendo le mani, utilizzando pause e toni diversi. Insomma sprigiona la tua energia!

 

3) RICORDATI CHE IL PROFESSORE È UN ESSERE UMANO

Incredibile ma vero: anche lui/lei hanno un’anima, una famiglia, una storia e i propri problemi personali.

Sappi dunque che tutto quello che accadrà durante l’esame non è personale (il professore non ce l’ha con te) ma tua è la responsabilità del risultato da portare a casa.

Per poterti aiutare voglio consigliarti un metodo semplice che in PNL (programmazione neuro linguistica) si chiama “Scramble” (strapazza).

Per essere maggiormente efficace, lo scamble deve essere divertente. Si tratta infatti di strapazzare le tue immagini mentali e renderle ridicole per allontanare la sensazione di fastidio che provi riguardo a qualcosa o a qualcuno.

Se il professore ti incute ansia, terrore, paura (o comunque ti agita emotivamente), allora strapazza le tue immagini mentali, visualizzalo con una gallina in testa, mentre mangia il gelato, seduto sul gabinetto con due lampadine rosse accese nelle orecchie.

Che paura può fare una persona così? Direi nessuna: può sembrare una stupidaggine, ma aver tolto potere emozionale al professore, averlo reso “ridicolo”, ti permette di spostare il tuo focus dalla paura della prestazione al concentrarti sul come esporre al meglio il tuo sapere.

Questi punti sono essenziali per il tuo risultato, non solo per la carriera universitaria. Perché gli “esami della vita” non finiscono mai. E tu nel dubbio arrivaci preparato. STUDIA!

 

Cristina Leone

 

Per approfondire queste tematiche, e conoscere più da vicino i nostri prossimi appuntamenti, naviga il mio sito-blog personale! Troverai contenuti utili da scaricare, immagini degli eventi e molto altro…!!

Nell’attuale mondo del lavoro sentirsi una squadra ormai ha un’importanza strategica. Il gruppo, infatti, condivide uno scopo, ha un obiettivo comune, lavora in collaborazione e condivide i risultati ottenuti. Il vero successo deriva dalla somma dei singoli talenti, dalla capacità dei membri di sostenersi l’un l’altro nel superare i momenti difficili, motivandosi e scambiandosi idee produttive. È ben spiegato in teoria, e potrebbe anche sembrare facile… Ma in pratica?

Un insieme d’individui non diventa una squadra solo perché gli è stato appioppato l’appellativo di “squadra”… Serve molto di più! Ti è mai capitato di sentirti parte di “qualcosa”?

Come saprai servono diversi fattori per far sì che questo avvenga: serve complicità, condivisione, scambio, confronto, ascolto, apertura, divertimento e forse molto altro ancora. Ma una delle più grandi difficoltà quando si è parte di un team risiede nell’aiutare e nel farsi aiutare

Molto spesso preferiamo risolvere i nostri problemi da soli, senza dover ricorrere all’aiuto degli altri. Chiedere aiuto non è sempre facile, può farci sentire a disagio e in qualche misura “deboli”. Ma nessuno di noi è tanto forte quanto noi tutti messi insieme..!!

Il famoso detto “L’unione fa la forza” racchiude una grande verità. Pensa a ciò che accade in Chimica, dove la reazione di due o più agenti che lavorano insieme produce un risultato non ottenibile singolarmente! Te lo ripeto: la reazione di due o più agenti che lavorano insieme produce un risultato non ottenibile singolarmente!

Questo dovrebbe esserci d’insegnamento, da soli possiamo fare qualcosa ma insieme possiamo fare molto di più. Forse non lo sai ma l’aiuto ha un vero e proprio potere! Se in questo momento della tua vita vuoi ottenere più risultati, più successo o semplicemente più benessere – e ancora non lo hai ottenuto – evidentemente un motivo c’è: non hai il “potere dell’aiuto”!

Se chiedere aiuto ti mette a disagio, sappi che il vero debole è colui che pensa di poter fare tutto da solo e non aver bisogno degli altri. Ti chiedo per un attimo di riflettere su ciò che stai offrendo e chiedendo al mondo intorno a te. Se dare agli altri è più importante che dare a te stesso, allora forse è arrivato il momento di metterti al primo posto. Ricordati che “Qualcuno” diceva ama il prossimo tuo come te stesso e non ama il prossimo tuo e punto!

Se gli altri ti danno attenzioni, amore, affetto e aiuto più di quanto tu non stia facendo con loro, questo alla lunga potrebbe inaridirti. La gratitudine è sempre una buona cosa. Ma se hai compreso che la vera ricchezza dell’essere umano è quella di aiutare e farsi aiutare, di stringere relazioni e di creare sinergie, allora continua a farlo. Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare grazie alla collaborazione di tutti.

Il motivo per cui faccio il mio lavoro è perché credo che lavorare su noi stessi ci renda persone migliori e il mondo ha davvero bisogno di persone migliori… Persone felici, in grado di aiutarsi reciprocamente e di prendersi cura di noi, degli altri e di questo mondo un po’ scassato!

Cristina Leone

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Suonano alla porta…

“Che muso che hai? Che ti è successo?”

“Lascia stare è un periodo che le cose proprio non girano”

Conosco Anna da 20 anni e da che ho memoria di lei è sempre stata una di quelle “piene di problemi”! Andavamo all’università insieme e nel tempo, nonostante avessimo preso strade diverse, ci siamo sempre frequentate. In questi anni l’ho vista disperarsi per amori andati male, diventare isterica con i colleghi di lavoro che facevano carriera al suo posto, essere ripresa dai genitori come fosse ancora una bambina, smarrire oggetti che all’apparenza sembravano importantissimi, tornare dalle vacanze con strane allergie, perdere treni e aerei…insomma Bridget Jones a confronto non era nessuno!!!

“Sono proprio una sfigata, e me lo merito di essere così infelice!!!!” e detta questa esplode in un pianto disperato ma anche un po’ liberatorio!!

“Stavolta che cosa è successo?” anche se so già che non è tanto quello che succede, ma come lei vive quello che le succede!

“Ohhhhh…. è che mi va sempre tutto male, che nessuno mi capisce e che tanto ormai può solo andare peggio… che poi peggio di così??? Uffaaaaaa” la sua voce è intervallata da singhiozzi e soffiamenti di naso… un po’ mi fa ridere…

“Ok, però non ho capito che cosa è successo?”

“Non è successo niente, questo è successo… che non succede mai niente di bello!!!” e fa il broncio come una bambina di 5 anni a cui hanno tolto le caramelle.

Secondo te, a una che si parla in questo modo può succedere qualcosa di bello? E poi, se anche le succedesse qualcosa di bello, sarebbe in grado di accorgersene?

“Perché non posso fare una magia e far si che tutto sia come dico io???”

Non so se lo sapete, ma con il termine magia s’indica una tecnica che ha lo scopo di influenzare gli eventi e dominare i fenomeni; per far questo la “magia” può servirsi di gesti, atti e formule verbali….insomma bibidibobidibù per intenderci!

“In realtà la magia l’hai fatta e ha anche funzionato!!! Le cose nella tua vita stanno andando esattamente dove tu gli dici di andare”.

“Cioè?”

“Cioè una che si considera sfigata per definizione ha una serie di sfighe, tu come ti reputi?”

“Sfigata”.

“E hai una serie di sfighe?”

“Sì, tantissime!!!” e riprende a piangere.

Le passo un altro fazzoletto…. “Hai visto che la magia funziona!!!!” la guardo con tenerezza, la sua faccia è perplessa… “Voglio solo dire che se continui a ripeterti che sei una sfigata, che nessuno ti capisce, che capitano tutte a te…. le cose andranno esattamente così… ti sei fatta un incantesimo!” Anna fa una smorfia come avesse avuto un’illuminazione… sta per aprire la bocca e dire qualcosa ma rimane ancora un attimo lì nei suoi pensieri.

“Mi stai dicendo che a furia di dirmi certe cose, le ho fatte diventare vere?”

“Sto dicendo che a furia di dirti “quelle cose” hai creduto fossero la realtà!”

“Davvero?? E ora? Come ne esco?”… intanto metto su il caffè…

“Ricorda una cosa: come hai creato un incantesimo puoi anche scioglierlo. Le parole hanno un enorme potere…. Se ne abusiamo sono in grado di produrre seri danni… Ma se ne fai buon uso, possono trasformare la parola sfigata in figata… Pensa a come cambia la visione togliendo solo la S!”

“Mi stai dicendo che devo mettermi davanti allo specchio a dirmi quanto sono bella e fortunata?”… il suo tono è diventato sarcastico.

“Non ho detto questo, ho detto che hai un potere dentro di te. Puoi continuare a usarlo male, rendendo la tua vita una catastrofe, oppure… puoi decidere di fare qualcosa per essere felice!”

“Ma non so come fare?”

“Tanto anche se ti dico come fare… Tu poi non lo fai!!”

“Giuro che lo faccio!”

“Mmmmhhh non mi convinci, se lo fai lo fai per poco e poi torni a lagnarti che sei una sfigata”.

“Ti dico che lo faccio… Lo faccio davvero!!”

“Ok, fai una prova, per 21 giorni sostituisci le frasi in negativo con affermazioni positive, ti faccio un esempio: non voglio più essere una sfigata – con – mi impegno anche oggi per vivere al mio meglio”.

“21 giorni??? Ma sono tanti!!!”

“Anna sono 40 anni che ti dici che sei sfigata e per 21 giorni non puoi impegnarti a dirti un’altra cosa?”

“E se poi non funziona?”

“Con la sfiga però ha funzionato benissimo non trovi? Comunque se non funziona le cose resteranno così come sono… Quindi che ti cambia? Il punto è che non basta dirsi le cose una sola volta, e farlo ogni tanto: devi abituarti a parlarti in un certo modo. Tra l’altro se qualcuno ti stimolasse e ti stesse un po’ addosso nel farti notare quando ricadi nella lamentela, ti farebbe benissimo!!!”

“Ma io non mi lamento, non è mica colpa mia se tutti ce l’hanno con me e capitano tutte a me!!!”

“Appunto, Annaaaaaaa lo stai facendo di nuovo!”…Anna sgrana gli occhi, abbassa le spalle e alza le mani in segno di resa.

“Ok, ho capito!”Anna fa un lungo respiro… “potrei provare…”

“Potresti o lo fai? Sappi che questo sarà solo l’inizio… Alla fine il vero cambiamento è come andare in palestra: un solo esercizio non basta per tonificare il muscolo”.

“Ok, lo faccio! Non ho molto da perdere in fondo… Altre cose da fare?”

“Potrei suggerirti una fantastica serata di formazione sulla comunicazione con cui otterresti fin da subito notevoli risultati…. Conosco il trainer del corso, dicono che è molto brava, e per lei non esistono persone sfigate, ma persone in grado di cambiare la loro vita in meglio!” Anna mi guarda speranzosa e mi sorride… io le strizzo l’occhio, le verso il caffè e butto i fazzoletti usati nel cestino!

Cristina Leone

 

HRD Training Group per il suo 25° compleanno ha deciso di festeggiare insieme a te e invitarti al Tour più dirompente e travolgente che Roberto Re abbia mai fatto!

Ecco il link per registrarti alla tappa “Leader di te stesso Tour” della tua città..!!

 

La sicurezza è sinonimo di felicità?
Spesso l’equazione tra le due risulta molto più complessa di quanto sembri. Troppe infatti sono le varianti “incognite” che ci spingono verso un percorso di vita improvvisato, nella perenne ricerca di soluzioni “last minute”.

Noi spesso costruiamo a tavolino le nostre certezze, in base a bisogni primari che richiedono immediata soluzione e che non ci lasciano il tempo di capire se davvero stiamo procedendo nella giusta direzione .
Cosi, per colmare il vuoto di una necessità impellente siamo disposti a non uscire mai dalla nostra zona di comfort fatta di vecchie abitudini e polverose certezze, o comunque a spostare impercettibilmente la linea di confine fino alla quale siamo pronti a spingerci.
Spesso restiamo ancorati a schemi passati, che non ci appartengono più, piuttosto che ergerci “pionieri del nuovo mondo” che ai nostri occhi appare insidioso e traballante.

In realtà non vogliamo fare quel passo in più che ci farebbe scoprire nuove percezioni e quindi orientarci verso nuove soluzioni.
Non vogliamo desiderare.. perchè il desiderio porta al movimento e noi invece restiamo statici.
Quanto siamo disposti a mettere in gioco del nostro tesoro fatto di certezze fittizie e false realtà per arrivare alla felicità?

Per fare questo basterebbe uscire dalla nostra area di conoscenza e spaziare, magari a tentoni, in uno spazio del tutto nuovo che non è mai un luogo angusto ma solo inesplorato
Siamo terrorizzati dal rischio, non solo di cadere ma anche di farcela.. Certo, perchè essere felici implica adattarsi al bello al buono, a quel vivere bene che per troppo tempo ci è mancato e che sbaraglia in un momento tutte le regole del gioco.

Se immaginassimo per un attimo che ciò che ci toglie da una sicurezza (costruita su dei limiti) e che ci porta al desiderio (fatto di prospettive e possibilità) fosse un viaggio e non una meta ci sentiremmo premiati in amor proprio.. ad ogni passo in più fatto verso l’unica certezza alla quale davvero dovremmo aspirare.. star bene con noi stessi.

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