Le ho seguite con passione sin da quando ero bambino e come qualsiasi bambino ho sognato più volte di esserci…
Ed è sicuramente stato questo il motivo principale che mi ha portato a dire sì quando mi è stato proposto prima dall’allenatore di Marta Menegatti e Greta Cicolari, campionesse italiane di beach volley e poi dalla tiratrice a volo Jessica Rossi, di seguirle come mental coach nell’avventura di Londra 2012.
Due sport diversi. Uno di coppia contro avversarie altrettanto agguerrite, l’altro da soli contro se stessi. Due sfide affascinanti. E soprattutto la possibilità di partecipare a un’Olimpiade non da spettatore, ma come parte integrante del team. Il bambino che è ancora ben vivo dentro di me non poteva certo perdere questa opportunità!…
E devo dire che è stata un’esperienza stupenda sotto ogni punto di vista.
Da un punto di vista professionale le due situazioni erano notevolmente differenti e anche per questo estremamente intriganti. Continua a leggere…
Da un lato Marta e Greta.
Averle accompagnate durante tutta la stagione e aver avuto la possibilità di vederle crescere di mese in mese, acquisendo sempre più consapevolezza e più maturità, fino a diventare una delle prime coppie del ranking mondiale e in grado di entusiasmare milioni di tifosi italiani che le hanno seguite durante i loro match lodinesi, sconfitte solo dalle stratosferiche americane tricampionesse olimpiche, mi ha reso molto orgoglioso del lavoro svolto insieme. Molto diverse tra loro come età e come personalità, ma con la necessità assoluta di essere una cosa sola in campo.
Di questo anno con loro porto via ricordi molto belli, in particolare alcune bellissime chiacchierate a tu per tu dove ho sentito una fiducia speciale nei miei confronti, un incontro di coaching di più di due ore a casa di Marta incredibilmente intenso e coinvolgente e un altro in aeroporto, a Linate, in un momento emotivamente un po’ delicato. E poi lo stupendo rapporto di stima e amicizia creato con Lissandro, l’allenatore, e la loro partecipazione a Emotional Fitness e al Leadership Seminar, dove tutti e tre hanno lavorato su se stessi per diventare non solo sportivi migliori, ma anche, e soprattutto, persone migliori.
Le partite nell’arena più spettacolare di tutta l’Olimpiade, in pieno centro città, tra Buckingham Palace, Westminster e Trafalgar Square, sono state solo il coronamento di un lavoro che è iniziato un anno prima e che, sono certo, per loro proseguirà, con me o senza di me.
Dall’altra parte Jessica.
Mi avevano detto che quella ragazzina era potenzialmente un fenomeno. Mi avevano poi raccontato di lei che a 17 anni era diventata campionessa mondiale e che dopo quella vittoria però qualcosa si era inceppato e che la lettura di Leader di te stesso l’aveva rimessa in carreggiata, tanto che lo portava con sé in gara e lo leggeva tra un turno di tiro e l’altro. Mi avevano detto che voleva conoscermi per vedere se potevo aiutarla ad avere quel quid in più che era necessario per far esplodere del tutto quell’incredibile potenziale e poter così vincere la medaglia d’oro.
Questo era quello che mi era stato riferito di lei, niente di più.
Non avevo mai messo piede in un campo di tiro a volo, non avevo mai sparato con un fucile e men che meno avevo l’idea di come si svolgesse una gara.
Ma quando l’ho incontrata, insieme a Mauro, il suo fidanzato, anche lui tiratore della nazionale, mi è piaciuta! Ho visto subito che “voleva” e che con lei avrei potuto lavorare bene.
E se mentre chiacchieravamo, la mia mente razionale continuava a dirmi: “Ma che c…o di sport è questo? Con tutte le cose che hai da fare non vale la pena che ti prendi questo impegno!”, il mio istinto invece mi ha subito detto “Fallo!”… Fortunatamente l’ho ascoltato.
La vittoria di Jessica è stata incredibile, anche per me che più di chiunque altro credo in quello che insegno! Nelle sue interviste post gara ha raccontato “Ero programmata per vincere” e vi garantisco che non poteva usare un termine più appropriato! Il lavoro di programmazione della sua mente inconscia che abbiamo impostato e che lei ha così disciplinatamente e metodicamente allenato per settimane prima di quel 4 agosto, è stato talmente efficace da trasformare in realtà l’esatta medesima gara che era stata nelle settimane prima immaginata, record del mondo incluso. E io stesso, su quegli spalti, ero stupefatto mentre vedevo davanti ai miei occhi prendere magicamente forma proprio quelle immagini che avevo aiutato a creare!… FANTASTICO!
Adesso aspetto il primo che mi viene a dire che il training mentale agli sportivi non serve!!!!!
Ma ci tengo a sottolineare che se con Jessica ha funzionato così bene è stato perché per prima cosa c’era alla base un talento straordinario (vi assicuro che con la miglior preparazione mentale i brocchi le gare non le vincono lo stesso!!! E lei è una campionessa!), ma soprattutto c’è stata da parte sua una fiducia e costanza nell’applicazione assolute! Ogni giorno si allenava mentalmente con la stessa disciplina, attenzione e ripetitività con cui si allenava fisicamente e tecnicamente e questo ha fatto l’enorme differenza e ha permesso di creare e consolidare all’inverosimile nel suo cervello tutte quelle sinapsi che sono poi state automaticamente riattivate al momento della competizione più importante della sua vita con il risultato che tutti abbiamo visto.
Costanza, disciplina, applicazione, fiducia… Come al solito lo sport insegna.
E, alla fine, sport o vita che sia, le regole sono sempre quelle.
Marco
Complimenti, si impara sempre molto ascoltandoti in video con leadership university, figuriamoci come mental coach personale :))
elvis
Roberto complimenti per quest’ennesimo successo !
…magari tu volessi fare il training mentale anche …per i ns poltici !!! 🙂
Ciaoooo
Francesco mIGHELI
SEI UN GRANDE….
Francesco Migheli
sei un grande
Pierluigi
Grande Robertone! Bello spunto di mentoring per seguire questo caso di successo!
Domenico
Allora se è funzionato per la medagli al tiro al volo dovrebbe proporsi a Massa cosi almeno avrmmo in Ferrari un’altro pilota vincente come tempo fa !
Valeria
adorabile!!! e capisco quanta strada devo fare ancora per raggiungere una minima parte di autostima!!!
Luisa Oreglia
La figura del coach, secondo me , serve proprio a questo: aiutare la persona a capire come utilizzare al meglio i suoi “programmi interni potenzianti” e, come hai detto tu Roberto, le regole sono sempre le stesse, in ogni area della nostra vita. Con passione, dedizione e impegno anche noi possiamo vincere le NOSTRE olimpiadi della vita 🙂
BRUNO
Complimenti sinceri al grande coach ed alle grandi atlete! Mi è piaciuto un sacco sentir dire a Jessica ” ho viuslizzato la medaglia d’oro tutta la notte ed è come se l’avessi già avuta in mano”. Un chiaro marchio RR. Grande, grandi!
giovanni
Si, grande Roberto Re nel contesto generale.
Una sentenza piuttosto dura la tua : ” vi assicuro che con la miglior preparazione mentale i brocchi le gare non le vincono lo stesso!!!”
Mi sento un tantino un “brocco” anche io nel mio sport preferito: il Golf. Anche se il mio coach mi insegna che non bisogna mai mollare.
Cesare Beltrame
The gold medal factor!
Antonella
Avevo seguito anche su Facebook i tuoi commenti sia sulle gare del beach volley che su quella di Jessica. E poi mi ha colpito il contrasto, tra la forza di Jessica e la fragilità mentale di Alex Schwarzer: non gli servive l’Epo, gli serviva un buon mental coach!!!
Saule
mentalmente anche i piu’ pigri di noi !….Il mio primo corso e’ stato un’ evento indimenticabile, forte e divertente ! E da li’ e’ iniziato il mio percosro! Tante volte hai sentito queste parole, ma ti volevo ripetere – Sei Veramente Grande,Forte ed Unico!!! GRAZIE !!!
Saule’, Roma
giovanni
Caro Roberto, parlando in ambito sportivo, vorrei sapere in base a cosa decidi se l’atleta ha bisogno del tuo aiuto o meno? Qual è il criterio secondo cui pensi: si ha chiesto il mio aiuto, si sono la persona che fa al caso tuo?